Sono sempre stato un fan di "Sfide", il programma di Rai Tre che racconta storie di atleti e squadre. Ieri sera, domenica 4 gennaio, è stata trasmessa in prima serata la prima puntata del 2015, dedicata a Marco Pantani. Visti i precedenti (speciale di Italia 1 del 14 febbraio 2014) e la risonanza mediatica delle scorse settimane per la riapertura dell'inchiesta di Rimini sulla morte del Pirata, attendevo con curiosità la puntata di Sfide. L'argomento Pantani, infatti, è estremamente difficile e scivoloso. In primis perché si parla di una persona che non c'è più e in secondo luogo perché il Pirata, per le vittorie e per la fine tragica, è stato proiettato nella dimensione del Mito. Esistono ancora moltissimi tifosi di Pantani e, come ho avuto modo di riscontrare in prima persona, risulta molto difficile ragionare con loro di fatti e prove. Nell'ultimo periodo, la famiglia del Pirata, grazie al lavoro dell'avv. De Rensis, ha dato nuova linfa alle due teorie, entrambe di stampo complottistico, sui due avvenimenti più importanti nella vita di Pantani: Madonna di Campiglio 1999 e Rimini 2004. Personalmente, dopo aver letto e riportato sul blog documenti ed evidenze processuali, mi sono sempre schierato contro tali ipotesi. Su Campiglio e sul doping ho scritto questo articolo (vedi). Sul giallo della morte di Rimini ho invece scritto questo post. Su quest'ultima vicenda, poi, consiglio la lettura del libro di Andrea Rossini "Delitto Pantani - Ultimo Chilometro (segreti e bugie)", uscito poche settimane fa.
Bene, dopo aver visto la puntata di #SfidePantani, posso dire di aver assistito alla peggior puntata nella storia di Sfide. Non discuto la prima parte della trasmissione, dedicata alle imprese sportive di Pantani. Quella, come al solito, è stata elaborata in modo magistrale. Come temevo, però, le questioni più spinose sono state affrontate nel peggior modo possibile. Il programma ha infatti appoggiato apertamente e unilateralmente le teorie complottistiche ("vittima sacrificale"), relative a Campiglio e a Rimini. Nessun riferimento ai dati processuali, nessuna intervista o commento di persone che hanno seguito da vicino le due vicende e la pensano in modo diverso. Si è ribadito più di una volta come Pantani "non è mai stato squalificato per doping" (nemmeno Armstrong se per questo...), senza nemmeno citare il file dblab, gli sbalzi dell'ematocrito, la sentenza del Tribunale di Tione su Madonna di Campiglio, l'inchiesta del Senato francese con le analisi sui campioni di urina del Tour 1998, l'Operacion Puerto, ecc. (per maggiori info vedi dopeology). Immancabile, poi, il pretestuosissimo e tendenzioso confronto con Armstrong.
Insomma, una puntata agiografica che, volendo alimentare la leggenda di Pantani, ha preferito dare spazio alle teorie del complotto anziché citare fatti, prove e documenti. La via più semplice. La più sbagliata.
Insomma, una puntata agiografica che, volendo alimentare la leggenda di Pantani, ha preferito dare spazio alle teorie del complotto anziché citare fatti, prove e documenti. La via più semplice. La più sbagliata.
In questi giorni sto leggendo "The Fall - Ascesa e caduta di Lance Armstrong". Bene, confermo che il giornalismo anglo-sassone è cento, mille volte migliore rispetto a quello italiano, almeno di quello che antepone emozioni e storie romanzate a fatti ed evidenze processuali. Nel libro su Armstrong vengono riportati fatti, testimonianze, prove, documenti. A questo punto capisco perché "The Death of Marco Pantani: A Biography", il libro più documentato sulla carriera di Pantani, sia ben presto scomparso dalle librerie. Riportare i fatti in modo oggettivo, anteponendoli a sentimenti ed emozioni. Questo dovrebbe essere il compito del giornalismo. Dovrebbe, appunto.
immagine tratta da digital-sat.it
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