I record del Mondiale di Volley Femminile - Considerazioni sparse

Il Mondiale di Pallavolo Femminile 2014, conclusosi domenica con il trionfo degli USA, ha ottenuto un successo straordinario in termini di pubblico e telespettatori. Ben 235.000 persone hanno riempito i palazzetti nei 102 match disputati. A livello televisivo, nonostante la copertura parziale dell'evento da parte di Raisport, gli ascolti sono cresciuti in modo progressivo, toccando i 4.436.000 telespettatori (share del 17.88) per la semifinale Italia-Cina, trasmessa da Rai Due sabato sera (picco massimo di 5.719.000 telespettatori). La finale per il terzo posto Italia-Brasile, domenica pomeriggio, è stata vista da 2.328.000 persone. Se a questo aggiungiamo i dati relativi al tesseramento FIPAV (seconda Federazione dietro al calcio: 367.000 tesserati, di cui 280.000 donne) si può dire che la pallavolo italiana, a livello di seguito e praticanti, specie in campo femminile gode di ottima salute.
Di fronte a questi dati sarebbe fin troppo semplice effettuare le classiche considerazioni sul perché i media italiani si accorgono della pallavolo solamente in occasione dei grandi eventi, sulla disparità di trattamento a livello mediatico tra i vari sport, sulla cultura sportiva italiana, ecc. Blog-In, come sanno bene i lettori più assidui, si batte da sempre per un riequilibrio degli spazi mediatici tra i vari sport. Tuttavia, quantomeno nel caso specifico, penso sia pretestuoso e fuorviante effettuare delle considerazioni critiche sulla scarsa attenzione che queste discipline ottengono al di fuori dei grandi eventi.  Anche perché i media hanno coperto in modo soddisfacente la competizione iridata. Ha detto bene Julio Velasco in un'intervista rilasciata oggi a "La Repubblica":

"Il volley non è contro il calcio. Sono anche un po' stufo di questa contrapposizione, come se la pallavolo o le altre discipline fossero sempre superiori, per qualche ragione, al calcio. E' un falso moralismo. La gente segue il calcio perché tutti i maschi giocano, hanno giocato o vorrebbero giocare a calcio. E non mi venite a dire che fa audience perché girano i soldi: le Tv ce li mettono perché è uno sport che la gente ama, tutto qui. Piuttosto mi stupisce che la Rai si stupisca degli ascolti che fa il volley: ma come, non hanno anche loro una moglie, una figlia, una madre che ci gioca? "

Ecco i motivi per cui non si può partire dai numeri record del Mondiale, per effettuare delle considerazioni critiche sulla scarsa copertura mediatica al di fuori dei grandi eventi:
1. Si è trattato di un Evento (con la E maiuscola) - Come tale rappresenta un'eccezione, non la regola. Il paragone che mi viene in mente è quello col rugby. Le partite dell'Italia impegnata nel 6 Nazioni (o nella Coppa del Mondo o in qualche Test Match di prestigio) ottengono sempre un ottimo riscontro a livello di spettatori e ascolti Tv (almeno prima dell'approdo su DMAX...). Questi match rappresentano però la vetrina, il momento di gala del movimento. Il retrobottega - leggi campionato nazionale - ha ben altro appeal e non può essere preso a modello per sostenere l'ingiustizia del poco spazio sui media.

2. Il livello del campionato italiano - Come scritto dal sempre pungente Stefano Olivari "Nordmeccanica Piacenza-Imoco Conegliano, per citare l’equivalente femminile di Juventus-Roma, continuerà a raccogliere uno share infinitesimale". L'impietoso paragone tra Italia-Cina e Piacenza-Conegliano, fa comprendere come sia impossibile equiparare l'eccezione (Mondiale in casa con Italia brillante protagonista) alla normalità (campionato nazionale con molti club in difficoltà economica e alcune delle migliori azzurre che giocano all'estero).

3. "Effetto Tomba" e diretta su rete generalista - Ad aiutare gli straordinari ascolti televisivi hanno contribuito altri due fattori. Il primo è la c.d. "Legge di Tomba", definizione coniata da Blog-In per spiegare come in Italia "uno sport diventi bello e avvincente solo se c'è un atleta (o un team) italiano che vince. Lo diventa ancora di più se questo atleta è anche un "personaggio" spendibile a livello mediatico".  Nel caso dei Mondiali di Volley è evidente che gli ottimi risultati conquistati dalla squadra di Marco Bonitta siano stati determinanti per aumentare esponenzialmente l'interesse verso la competizione iridata. E se il Mondiale si fosse disputato in un altro Paese, magari con risultati più modesti per l'Italia? E' ovvio che il seguito sarebbe stato assai inferiore. Basti pensare, esempio freschissimo, al Mondiale maschile disputato in Polonia e al séguito nei nostri confini.
L'altro fattore chiave per il successo (anche) televisivo del Mondiale è legato alle dirette su una rete generalista degli ultimi due match. Può sembrare strano, ma ancora oggi la grande maggioranza dei telespettatori italiani "non sa usare il telecomando". Significa che lo zapping, spesso e volentieri, si ferma ai primi 10-15 canali nella numerazione LCN. Ciò comporta una fisiologica penalizzazione per i canali con numerazione alta (Raisport si vede al 57 e 58). Una parte delle persone che ha visto in Tv Italia-Cina è probabilmente capitata per caso su Rai Due, scanalando tra Milly Carlucci e Maria De Filippi.

Conclusioni. La pallavolo in Italia è uno sport vivo, con una base solidissima di appassionati e praticanti. Lo stato di salute del volley professionistico, invece, non è dei migliori, con molti club in difficoltà e di conseguenza dei campionati meno competitivi rispetto agli anni che furono. Nonostante ciò, le grandi competizioni internazionali, con l'Italia protagonista, suscitano un grande richiamo tra  appassionati e tifosi occasionali. I media, in modo parallelo a quanto avviene ad esempio per il Sei Nazioni di rugby, assecondano l'interesse crescente del pubblico e coprono in modo più che soddisfacente il grande evento. Per tutte le ragioni sopra esposte, però, appare forzato partire dai dati - eccezionali - del mondiale italiano per effettuare delle considerazioni critiche sulla scarsa copertura mediatica al di fuori dei grandi eventi.

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