Nibali fortunato (e bravo) in un Giro modesto. Si può scrivere o è lesa maestà?

Ho lasciato passare un paio di giorni per esprimere il mio pensiero sul Giro d'Italia 2016. "Eroico", "leggendario", "epico" sono gli aggettivi più utilizzati dai media italiani per descrivere la vittoria di Vincenzo Nibali. Gli stessi media, si badi bene, che fino a venerdì avevano cercato le scuse più improbabili per giustificare le scadenti prestazioni del messinese. 
La mia idea su questo Giro è molto semplice (e impopolare): Nibali, grazie alle due belle tappe di venerdì e sabato, ha vinto in modo fortunoso un Giro d'Italia modesto
Fortunoso perché il Giro era di fatto chiuso. Steven Kruijswijk era nettamente e meritatamente in testa alla generale e aveva dimostrato di poter controllare agevolmente le ultime salite della corsa rosa. L'olandese ha pagato in modo clamoroso l'errore in una curva e l'inspiegabile assenza dell'ammiraglia.
Nibali ha saputo capitalizzare la caduta dell'olandese e recuperare grazie alla sua proverbiale grinta e all'ottimo lavoro di squadra. In realtà il messinese ha effettuato due buone prestazioni - nulla più - nelle ultime due frazioni alpine, sfruttando la debolezza degli altri rivali (Kruijswijk era ko, Chaves era alla prima esperienza a questi livelli, mentre Valverde non è competitivo sulle salite oltre i 2.000 metri e non era certamente al meglio della condizione). Insomma, due buone tappe, favorite dall'harakiri di Krui, hanno spinto i media italiani a paragonare la rimonta di Nibali alle imprese di Coppi.
Che Nibali abbia regalato delle grandi emozioni ai tifosi italiani è fuori di dubbio. Così come è indiscutibile la bella rimonta nella generale e la conquista del 4 GT in carriera. Detto questo, tuttavia, gli elogi sperticati e gli azzardatissimi paragoni col ciclismo epico, appartengono alla consueta, stucchevole retorica nazionalista (a fine post ritornerò su quest'ultimo aspetto). 
Modesto per il livello medio dei partecipanti. Quasi superfluo citare l'ormai consueta assenza di tutti, ma proprio tutti, i ciclisti più forti a livello GT: quest'anno Contador, Froome, Quintana, Aru, (senza dimenticare, tra gli altri, Van Garderen e Pinot, molto migliorato a cronometro). La vittoria finale stava per andare a un corridore (Kruijswijk) che prima del Giro 2016 aveva ottenuto un 7° posto come miglior piazzamento in un GT (Giro 2015).
A livello tecnico, poi, si può citare il Dottor Ferrari che nel suo sito scrive: "Il livello tecnico espresso nel giro 2016, nonostante lo spettacolare epilogo, non è stato altissimo. Le potenze espresse in salita raramente hanno superato i 6.00 w/kg: (...) Anche il miglior Nibali dell’impresa di S. Anna di Vinadio non ha espresso potenze superiori ai 6.00 w /Kg nel suo attacco decisivo sul Colle della Lombarda". Insomma, niente di superlativo (da un certo punto di vista verrebbe da dire: meno male).
Si può persino ribaltare il discorso: per Nibali, qualsiasi risultato diverso dalla vittoria finale sarebbe stata una delusione. In questo Giro, contro questi avversari.
Un ultimo aspetto da rimarcare: nello sport, non sempre cifra tecnica ed emozioni vanno di pari passo. Il Tour de France 2015, ad esempio, è stato molto più prevedibile e noioso di questo Giro.

LE TELECRONACHE TIFOSE DI RAI SPORT - Il Giro 2016, e le ultime tappe in particolare, hanno esasperato una tendenza a dir poco riprovevole: una sorta di valentinorossizzazione - dal modo in cui i media italiani hanno trattato il finale della MotoGP 2015 - del commento ciclistico da parte di Rai Sport (sia in telecronaca che al Processo).
Di fatto Nibali è stato l'equivalente della nazionale di calcio. Le telecronache di Pancani - con Martinello cercava a stento di mantenere un apparenza di equilibrio - possono essere tranquillamente avvicinate a quelle tifose dei vari Pellegatti e Alvino.  Un modo di raccontare la corsa lontano anni luce da quell'imparzialità a cui dovrebbe aspirare qualsivoglia telecronista. Soprattutto del servizio pubblico. Questo non significa che non si possa enfatizzare la rimonta di Nibali. Significa semplicemente che si può fare del buon giornalismo e trasmettere delle emozioni senza trascendere nel fanatismo.

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