Blog-In ha sempre dedicato particolare attenzione alle telecronache degli eventi sportivi. I veri protagonisti sono atleti e allenatori, ovvio, ma telecronisti e commentatori svolgono un ruolo fondamentale nella narrazione e interpretazione di gare e partite. In passato ho stilato un paio di personalissime classifiche dei migliori telecronisti calcistici. Sottolineo il termine "personalissime" perché, come ho avuto modo di constatare, la materia è altamente soggettiva. Non esiste un metro di giudizio universale. Qualcuno, ad esempio, preferisce Compagnoni a Marianella o non sopporta Daniele Adani: il mondo è bello perché è vario. Oppure, caso estremo, alcuni tifosi adorano le ineffabili "telecronache tifose".
Ritorno sul tema telecronache perché giovedì scorso ho avuto modo di "apprezzare" l'ennesima performance di Pierluigi Pardo, giornalista sportivo prezzemolino per antonomasia (sulle frequenti ospitate di alcuni giornalisti, consiglio questo articolo de Linkiesta).
Ex Stream e Sky Sport, Pardo è passato da qualche anno a Mediaset. Conduttore di "Tiki Taka", programma su cui mi astengo da ogni tipo di commento, il giornalista romano è anche voce di "Tutti Convocati", programma di Radio24. Su quest'ultima trasmissione scrissi un post di encomio diversi anni fa (allora si chiamava "A Tempo di sport"). La classe, la competenza e la misura di Gigi Garanzini, infatti, rappresentavano un inedito tra i media sportivi nostrani. Al termine di Euro 2012, però, Radio 24 ha deciso di dare il benservito al buon Garanzini, cambiando nome e impostazione al programma. Insieme a Carlo Genta, ecco Giovanni Capuano e, appunto, Pierluigi Pardo. Addio al programma lontano dalle solite, sterili polemiche su moviole e altre amenità, per allinearsi al modo di fare informazione sportiva tipicamente italiano: ore di discussioni su arbitri, mercato, veleni, gossip. Un po' come passare da una serie Tv americana a una fiction nostrana. Peccato.
Il tele-giornalismo sportivo è diventato nel corso degli anni sempre più teatrale, appariscente, eccessivo. Un mondo in cui la maggior parte dei telecronisti - e veniamo al vero punto della questione - non racconta più l'evento, ma lo sovrasta, si antepone ad esso con urla, iperboli, frasi appositamente studiate per essere ricordati come e più dei veri attori in campo. Non mi riferisco soltanto alle telecronache calcistiche. Nel basket ogni canestro da tre diventa un attentato ai timpani, nella MotoGp è tornato Guido Meda.... A livello calcistico, invece, Sandro Piccinini è il massimo rappresentante delle telecronache urlate. L'ex conduttore di Controcampo, fine intenditore calcistico peraltro, è ormai prigioniero del suo personaggio e delle sue sciabolate/mucchi selvaggi e numeri 'cccezzionali. Sui social spopola l'account Shottini con Piccinini che raccoglie in forma ironica le statistiche delle telecronache di Piccinini.
Pardo, invece, incarna perfettamente l'evoluzione delle telecronache calcistiche. Ai tempi di Stream e Sky era infatti un telecronista senza particolari eccessi. Ora si è trasformato in uno dei tanti, troppi urlatori. Anche una parata normalissima o un tiro ampiamente fuori dallo specchio diventano un pretesto per alzare i decibel e far sobbalzare sul divano il telespettatore che, magari, vorrebbe gustarsi tranquillamente la partita. La deriva dei telecronisti urlatori è talmente marcata che persino quelli impegnati negli highlights si sgolano per descrivere un gol. Intendiamoci, non sto dicendo che le telecronache debbano essere piatte o soporifere, ci mancherebbe. Sostengo invece che il telecronista - insieme al commentatore tecnico - debba accompagnare il telespettatore nell'evento, fornendo chiavi di lettura e strumenti per comprendere meglio azioni, tattiche, sviluppo della partita. Preferibilmente senza superare il confine tra la giusta enfasi e il grossolano o sguaiato. In molti casi, invece, assistiamo a delle "radiocronache televisive urlate" con la descrizione, concitata, spesso sopra le righe, di ogni singola azione di gioco.
Questa deriva, peraltro, era stata già perfettamente inquadrata da Massimo De Luca nel bellissimo libro "Sport in Tv - Storia e storie dalle origini a oggi", scritto con Pino Frisoli e uscito nel 2010. Ecco un passaggio tratto dal capitolo intitolato, guarda caso, "Telecronisti: dai Maestri agli urlatori":
"Oggi la scuola più 'aggressiva' di telecronaca (impostasi nella Tv privata prima e esplosa nella pay Tv poi), tende quasi a sovrapporre il commento all'evento stesso. L'inclinazione, a mio giudizio perniciosa, è la spettacolarizzazione del commento, l'espansione dell'ego del telecronista che tutto vede (grazie ovviamente alla moltiplicazione delle telecamere a disposizione) e tutto pretende di interpretare (anche l'intenzione dell'arbitro, che non può essere così immediatamente decifrabile, a meno di possedere virtù medianiche). Ma soprattutto, sembra essere saltata la distinzione 'genetica' tra radio e telecronaca. Nell'ansia di dire tutto (anche quello che è assolutamente evidente), di stare al passo con le azioni, che - come detto - sono molto più veloci, di commentare replay normali e in controcampo, non esistono più pause. Alla radio è normale, in Tv no. Azzerando, quasi, ogni pur minima pausa si finisce per trasmettere ansia al telespettatore. Che invece, nella telecronaca ideale, andrebbe sì coinvolto ma non travolto".
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